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MILAN KUNDERA

Nato a Brno nel 1929. Costretto a emigrare in Francia, ha continuato a scrivere in ceco nonostante che le sue opere fossero proibite in patria, fino al crollo del regime filo-sovietico.

Esordì come poeta con: L'uomo è un grande giardino (1953), Monologhi (1957). Ottenne vasto successo con la serie di racconti Amori ridicoli (1963, 1964) pieni di una ironia corrosiva che sfrutta spunti aneddotici per realizzare radicali paradossi.

Ha debuttato come drammaturgo nel 1962 con I proprietari delle chiavi, ambientato nel periodo dell'occupazione nazi-fascista. Del 1967 è il romanzo Lo scherzo, satira violenta e dolorosa della realtà cecoslovacca negli anni del culto della personalità stalinista. Omaggio a Diderot e al suo "Jacques il Fatalista" è Jacques e il suo padrone (1971) in tre atti. E' stato rappresentato a Paris, Ginevra, Zagabria, ma più che un vero testo teatrale, si tratta di «teatro da lèggere», come avverte lo stesso Kundera nell'introduzione. Lettura irresistibile, degno omaggio al romanzo di Diderot.

Ha pubblicato poi: La vita è altrove (La vie est ailleurs, 1973), Il valzer degli addii (La valse des adieux, 1975), Il libro del riso e dell'oblìo (1978). Storia, autobiografia e intrecci sentimentali si fondono nel romanzo L'insostenibile leggerezza dell'essere (1984) che gli ha dato, anche grazie a una attuazione cinematografica, una notorietà mondiale in quegli anni.

Kundera è stato un importante critico e saggista, ha contribuito a diffondere la cultura e gli autori più interessanti del suo paese nell'occidente europeo.

 


L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL'ESSERE

 

L'idea dell'eterno ritorno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofì nell'imbarazzo: pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l'abbiamo già vissuta, e che anche questa ripetizione debba ripetersi all'infinito! Che significato ha questo folle mito?
Il mito dell'eterno ritorno afferma, per negazione, che la vita che scompare una volta per sempre, che non ritorna, è simile a un'ombra, è priva di peso, è morta già in precedenza, e che, sia stata essa terribile, bella o splendida, quel terrore, quello splendore, quella bellezza non significano nulla. Non occorre tenerne conto, come di una guerra fra due Stati africani del quattordicesimo secolo che non ha cambiato nulla sulla faccia della terra, benché trecentomila negri vi abbiano trovato la morte fra torture indicibili.
E anche in questa guerra fra due Stati africani del quattordicesimo secolo, cambierà qualcosa se si ripeterà innumerevoli volte nell'eterno ritorno?
Sì, qualcosa cambierà: essa diventerà un blocco che svetta e perdura, e la sua stupidità non avrà rimedio.
Se la Rivoluzione francese dovesse ripetersi all'infinito, la storiografia francese sarebbe meno orgogliosa di Robespierre. Dal momento, però, che parla di qualcosa che non ritorna, gli anni di sangue si sono trasformati in semplici parole, in teorie, in discussioni, sono diventati più leggeri delle piume, non incutono paura. C'è un'enorme differenza tra un Robespierre che si è presentato una sola volta nella storia e un Robespierre che torna eternamente a tagliare la testa ai francesi.
Diciamo quindi che l'idea dell'eterno ritorno indica una prospettiva dalla quale le cose appaiono in maniera diversa da come noi le conosciamo: appaiono prive della circostanza attenuante della loro fugacità. Questa circostanza attenuante ci impedisce infatti di pronunciare un qualsiasi verdetto. Si può condannare ciò che è effimero? La luce rossastra del tramonto illumina ogni cosa con il fascino della nostalgia: anche la ghigliottina. Or non è molto, mi sono sorpreso a provare una sensazione incredibile: stavo sfogliando un libro su Hitler e mi sono commosso alla vista di alcune sue fotografie: mi ricordavano la mia infanzia; io l'ho vissuta durante la guerra; parecchi miei familiari hanno trovato la morte nei campi di concentramento hitleriani; ma che cos'era la loro morte davanti a una fotografia di Hitler che mi ricordava un periodo scomparso della mia vita, un periodo che non sarebbe più tornato? Questa riconciliazione con Hitler tradisce la profonda perversione morale che appartiene a un mondo fondato essenzialmente sull'inesistenza del ritorno, perché in un mondo simile tutto è già perdonato e quindi tutto è cinicamente permesso.


Bello, bello, bello !!!.
E pensare che proprio a causa del successo di questo libro in alcuni ambienti degli anni '80 che non mi piacevano affatto, ho evitato Kundera per così tanto tempo !
Molto bello e molto "denso", un bellissimo romanzo in cui troviamo di tutto: una bella trama, una scrittura al limite della perfezione, una convincente e tutt'altro che superficiale descrizione del dramma ceco, della Primavera di Praga e del socialismo reale, riflessioni sulle affinità amorose, sul senso della vita (o forse sui sensi), sull'atteggiamento dell'uomo nei confronti degli animali e sull'amore verso di essi.
Il tutto descritto con le tecniche tipiche di Milan Kundera, fra cui l'artificio di mostrare la stessa vicenda amorosa sempre nelle due (o più) versioni corrispondenti alle parti in causa e l'abitudine di frapporre al romanzo alcune sue riflessioni di scrittore sul romanzo stesso.
Credo che diventerà uno dei pochi libri a cui dedico pìù di una lettura.

Una frase che mi ha colpita :

"La sensualità è la mobilitazione massima dei sensi: si osserva intensamente l'altro e si ascolta ogni suo suono."

 


BIBLIOGRAFIA

 

Milan Kundera. Il trompe-l'œil dell'identità
Roberto Dolci

Musica midi su tema di Maurice Ravel

 

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